Osteoartrosi

Che cos’è l’artrosi?

L’artrosi è data dalla progressiva degenerazione della cartilagine articolare che riveste la parte terminale della tibia e la superficie dell’astragalo. E’ grazie alla cartilagine che le parti ossee possono scivolare una sull’altra senza fare attrito e, quindi, senza usurarsi. Nelle prime fasi dell’artrosi, lo strato di cartilagine perde la sua continuità o le sue caratteristiche fisiche (elasticità, lucentezza, regolarità). Negli stadi più avanzati, la cartilagine scompare in zone più o meno ampie e l’osso sottostante viene allo scoperto.  Senza la protezione della cartilagine, l’osso reagisce indurendosi e producendo delle escrescenze (osteofiti) che ne deformano il profilo. La membrana sinoviale diventa cronicamente infiammata e produce una maggiore quantità di liquido sinoviale che rigonfia la caviglia. La capsula articolare s’irrigidisce e limita i movimenti. L’artrosi è una patologia dell’età avanzata, ma quella della caviglia è spesso la conseguenza di un trauma e può colpire anche soggetti relativamente giovani.

 

Quali sono le cause

Le cause possono essere diverse, ma nella caviglia prevalgono i traumi gravi e le malattie reumatiche.

 

Quali sono i sintomi?

Il sintomo principale è il dolore. Nelle fase iniziali compare solo dopo un’attività fisica ma, in seguito, diventa sempre più frequente e limita notevolmente l’autonomia del paziente. Altri sintomi molto comuni sono il gonfiore e la rigidità dell’articolazione. A volte sono presenti anche rumori di scatto o scricchiolii durante i movimenti.

 

Diagnosi

Dopo aver ascoltato la storia del vostro problema, l’ortopedico vi visiterà per valutare quali movimenti provocano dolore e la loro ampiezza. Vi prescriverà inoltre un esame radiografico per confermare la presenza dell’artrosi e valutarne il grado. In caso di dubbio, la risonanza magnetica o la Tc saranno molto utili per completare la diagnosi.

 

Trattamento – conservativo

L’ortopedico probabilmente vi prescriverà uno o più dei seguenti trattamenti:

  1. Cambio di stile di vita come, ad esempio, riduzione del peso corporeo e del livello di attività.
  2. Farmaci: condroprotettori (glucosamina, condroitin solfato, metil metansulfurnato) e anti-infiammatori.
  3. Infiltrazioni di acido ialuronico.
  4. Onde d’urto e magnetoterapia
  5. Fisioterapia: esercizi per recuperare la mobilità della caviglia, avere una postura più corretta ed irrobustire la muscolatura.
  6. Utilizzo di scarpe con suola ricurva oppure di plantari

 

Trattamento – chirurgico

– Debridement artroscopico: è una sorta di pulizia dell’articolazione. Consiste nell’asportare eventuali corpi mobili ed osteofiti e nel regolarizzare le superfici cartilaginee danneggiate.

– Tecniche di stimolazione midollare: l’artroplastica per abrasione e le microfratture sono due procedure eseguite allo scopo di stimolare la formazione di un tessuto (fibrocartilagine) che sostituisca in qualche modo la cartilagine perduta.

– Artroplastica per abrasione: quando ampie zone di cartilagine sono state asportate dal processo degenerativo, le superfici ossee venute allo scoperto si induriscono (sclerosi) e diventano relativamente prive di afflusso di sangue. Durante l’operazione il chirurgo “gratta” lo strato più superficiale dell’osso allo scopo di farlo sanguinare leggermente. In questo modo, nella sede della lesione con il sangue arrivano molte cellule staminali che iniziano a produrre un tessuto di riparazione.

– Microfratture: il chirurgo asporta le zone più danneggiate delle superfici articolari, le regolarizza e poi, con uno strumento a punta, pratica numerosi piccoli fori sulle zone di osso denudato. Lo scopo è lo stesso della metodica precedente: favorire la formazione di un tessuto che sostituisca, in qualche modo, la cartilagine scomparsa.

Sostituzione protesica: i recenti progressi delle protesi della caviglia hanno reso questo intervento decisamente più affidabile di quanto non fosse alcuni anni orsono. La protesi è composta da 2 o 3 componenti. La parte tibiale è una lamina metallica piatta, che può essere rivestita o meno da uno strato di  plastica (polietilene). La parte contrapposta è anch’essa metallica ma a forma di cupola e riveste la parte superiore dell’astragalo. Nei modelli più avanzati, il rivestimento di plastica della tibia è assente, sostituito da un dischetto di polietilene che scivola liberamente tra le due parti di metallo. Per impiantare una protesi, il chirurgo esegue un’incisione di circa 10 cm sulla parte anteriore della caviglia, divarica i tendini, i vasi sanguigni ed i nervi che decorrono in questa zona ed infine apre la capsula articolare esponendo i due capi articolari. A questo punto, asporta le superfici danneggiate e sagoma le due ossa in modo che possano accogliere perfettamente la protesi. Questa può essere fissata all’osso con una colla acrilica (cemento osseo) oppure ad incastro (protesi non cementata). Infine, il chirurgo sutura i vari piani chiudendo l’articolazione.

Artrodesi:  in particolari situazioni, le due superfici ossee possono essere fuse tra loro. In questo modo è abolita ogni possibilità di movimento della caviglia, ma il paziente, sia pure con alcune limitazioni, riesce ugualmente a camminare e, soprattutto, senza più dolore. L’intervento è eseguito con le stesse modalità di quello appena descritto per le protesi, con la differenza che lo spazio tra le due ossa, anziché dalla protesi, è colmato pezzetti di osso (prelevato dal paziente o da donatore). Infine, il tutto è stabilizzato da 2-3 viti o da un fissatore esterno.

 

Riabilitazione dopo l’intervento chirurgico

– Debridement: Se l’intervento è stato una semplice pulizia, si può camminare subito dopo l’operazione. Se invece sono state eseguite delle tecniche di stimolazione midollare o un trapianto di cartilagine, sarà necessario utilizzare le stampelle, evitando di caricare sulla caviglia per 45-60 gg.

– Protesi: si utilizza uno stivaletto di resina oppure un tutore rigido per 4 settimane, con il quale è possibile camminare liberamente. Una volta rimossa l’immobilizzazione, si inizia un intenso periodo di riabilitazione e di rinforzo della muscolatura della gamba, che dura per 2-3 mesi.

– Artrodesi: se si utilizza un fissatore esterno, il paziente potrà camminare liberamente subito dopo l’intervento. In genere, il fissatore resta in sede per 2-3 mesi. Se invece è stata utilizzata una fissazione interna (viti, placche, etc.), sarà applicato uno stivaletto di resina o un tutore rigido per almeno 45 giorni. Dopo la rimozione dello stivaletto, si inizierà la fisioterapia per rinforzare la muscolatura e potrà essere opportuno utilizzare una cavigliera rigida per ulteriori 3-4 settimane. Dall’operazione, sarà eseguito un controllo radiografico ogni 30-45 giorni, fino alla completa fusione ossea. A questo punto, il fisioterapista rieducherà il paziente a camminare correttamente. Potrebbe infine essere necessario utilizzare dei plantari per avere un appoggio più corretto.

 

Quando tornerò alla normalità?

– Debridement: si può tornare in ufficio dopo 2-3 giorni dall’operazione. Per riprendere la guida dell’auto è necessaria, in genere, 1 settimana. Le attività sportive a basso impatto posso essere riprese dopo 2 settimane, mentre quelle più impegnative dopo 1 mese.

Protesi: il lavoro d’ufficio può essere ripreso dopo 2 settimane, mentre per i lavori pesanti sono necessari diversi mesi (4-5). La guida dell’auto e le attività sportive a basso impatto possono essere riprese dopo la rimozione dello stivaletto. Gli sport più impegnativi sono sconsigliati per il rischio di traumi e di usura eccessiva della protesi.

– Artrodesi: il lavoro d’ufficio può essere ripreso dopo 2 settimane, mentre per i lavori pesanti sono necessari diversi mesi (3-4). La guida dell’auto e le attività sportive a basso impatto possono essere riprese a guarigione avvenuta (2-3 mesi) Gli sport più impegnativi non saranno più possibili a causa della limitazione del movimento.